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Bruno Donadel

Bruno Donadel nasce il 16 marzo del 1929 a Soligo (quinto di nove fratelli) in una casa colonica dove convivono, come mezzadri dell’ammiraglio De Renzio, ben cinque colmelli imparentati fra loro e tutti con il cognome Donadel. Dopo aver frequentato le scuole elementari, inizia ad aiutare la famiglia nel lavoro dei campi, anche se nei momenti liberi disegna i soggetti del suo mondo su qualsiasi foglio di carta gli passi fra le mani. Più tardi affina la sua espressività sia frequentando la Scuola di Disegno di Pieve di Soligo guidata da Giovanni Zanzotto, padre del poeta Andrea (che negli ultimi anni di vita gli rivolge frasi di stima ed elogio), ove apprende l’uso della prospettiva, sia disegnando il suo mondo tenendo conto dell’esperienza di duro lavoro dei campi.

A distanza di qualche settimana, rivede criticamente queste opere e le distrugge regolarmente perché insoddisfatto di ciò che crea. Se si salvano esemplari di quel periodo, ciò si deve a qualche estimatore che, senza farsi vedere, sottrae al fuoco ciò che Bruno produce. Tuttora Donadel ripete volentieri di essersi accorto che più volte nella “tassa” dei disegni ne mancano alcuni, ma allo stesso tempo sottolinea che non sorprende nessuno con le mani nel sacco. Sono migliaia e migliaia gli schizzi con i quali l’artista si forma, si corregge e si misura con l’aiuto limitato nel tempo di Giovanni Zanzotto, ma da autodidatta. A dire il vero Donadel riceve un aiuto, forse nel 1952 o nel 1953, anche dal pittore Alfredo Serri, un ritrattista, allievo di Pietro Annigoni, che incontra a Cortina d’Ampezzo perché ospite della stessa famiglia ove ogni anno, nel mese d’agosto, si reca assieme ad amici del solighese per tagliare l’erba che cresce rigogliosa in quelle splendide valli.

Nel 1956, per avere un giudizio su ciò che sta producendo, manda dei disegni a Carlo Cardazzo, proprietario della Galleria Il Naviglio di Milano e del Cavallino di Venezia. Costui sceglie tre disegni e li invia all’organizzazione del Premio Diomira: ebbene, quei tre disegni ricevono tre premi, risultando Donadel uno dei vincitori del concorso riservato ai giovani sotto i trent’anni. Nel 1963 viene a mancare Carlo Cardazzo: con lui si conclude un ciclo importante della vita artistica di Bruno Donadel e se ne apre un altro – grazie anche ad Alberto Albertini – che lo porta a livelli di grande valore sempre nel segno dell’indipendenza, dell’autonomia e soprattutto di un talento esclusivo, tanto consistente da essere premiato prima della fine degli anni Sessanta ad Alessandria, Ancona, Casale Monferrato, Milano, Padova, Suzzara e Modica e da essere invitato moltissime volte ad esporre con P. Picasso, G. De Chirico, C. Carrà, V. Guidi, H. Matisse, G. Morandi, M. Sironi ecc… Tutto questo, come dice Munari, senza appartenere “a correnti, cenacoli e mercanti”, nella più totale libertà perché Donadel non accetta le leggi non scritte che regolano il mercato dell’arte.

Così si comporta sempre, senza accettare compromessi, contratti a lungo termine che forse lo arricchirebbero dal punto di vista finanziario, ma che gli toglierebbero, come dice lui stesso, la creatività.
Adesso Donadel si presenta alla Biennale con uno dei suoi magnetici autoritratti che ottengono riconoscimenti e apprezzamenti di alto livello come il famoso disegno (ora conservato nella Raccolta Bertarelli del Castello Sforzesco) che nel 1957, quindi 58 anni fa, gli permette di figurare fra i vincitori del Premio Diomira.

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